Emanuele Cavalli: “Composizione (Spirale)”, 1936

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“Composizione (Spirale)”, 1936

 

La sua sensibilità pittorica e fotografica permette a Emanuele Cavalli di ottenere immagini di tono surreale senza necessariamente ricorre a elementi iconografici disturbanti o allusivi, ma usando con perizia le inquadrature, i tagli fotografici, la disposizione degli oggetti, tutti oggetti che appartengono sempre al suo universo familiare e quotidiano, e soprattutto giocando con la luce. Le immagini di Cavalli sono la dimostrazione di come per ottenere un’atmosfera perturbante sia importante servirsi di una luminosità abbagliante che ottunde lo sguardo e decontestualizza figure e oggetti, collocandoli in un nitore sospeso, privo di punti di riferimento, e per questo spiazzante. Di questo drammatico effetto sono testimonianza tutte quelle immagini in cui gli oggetti a causa della sovraesposizione, sembrano perdere, ma mai del tutto, la loro riconoscibilità, i loro connotati, per trasformarsi in pure forme astratte. In fotografia, come in pittura, Cavalli non approderà mai all’astrazione totale, priva di qualsiasi rapporto con il suo referente, operazione resa anche più difficile dalla natura indicale del rapporto che esiste tra fotografia e realtà, ma condurrà alcuni tentativi di scoperta dell’astrazione fotografica attraverso le forme e i lineamenti degli oggetti, secondo una strada analoga a quella percorsa dai maestri del modernismo fotografico europeo e dagli artisti della straight photography. È il caso di Composizione, 1936, che rimanda per la presenza della spirale nera alle astrazioni fotografiche di Luigi Veronesi. L’immagine è, come spesso in Cavalli, costruita su opposizioni che si risolvono in una composizione enigmatica, contrassegnata dall’essenzialità elegante e dalla purezza tipiche della fotografia modernista. La sfera, rotonda e luminosa, colpita dalla luce e a sua volta creatrice di riflessi, e la spirale, dall’elegante contorno grafico sono gli unici elementi di questa raffinatissima fotografia. Da un’immagine come questa si percepisce tutta la perizia tecnica e la dimestichezza di Cavalli con il mezzo fotografico, non solo nello scatto ma soprattutto nello sviluppo che conferisce un’aura quasi spettrale e fantasmatica agli oggetti immersi in una sospensione impalpabile. La fotografia è perfettamente bilanciata nell’equilibrio tra chiari e scuri, pieni e vuoti. L’uso straniante delle ombre drammatiche si coniuga in questa immagine con una purezza di matrice modernista, esaltata dalla circolarità e dai riflessi della sfera e dalle volute ipnotizzanti della spirale. Il risultato è una composizione di raffinata eleganza grafica, che rifugge da qualsiasi intento descrittivo o narrativo, in cui gli oggetti sembrano assurgere a forme archetipiche. Tutte le nature morte che l’artista compone hanno una pregnanza visiva che definisce gli oggetti, li sottrae al puro dato oggettivo, li individualizza, conferendogli al tempo stesso una grazia disegnativa che li trasforma quasi in esperimenti grafici di natura astrattizzante. L’aura straniante è data anche dalla decontestualizzazione spaziale in cui è calata la composizione che, sospesa com’è in una dimensione priva di riferimenti, definita solo dalla luce, assume un carattere epifanico. Quella di Cavalli è una fotografia profondamente meditata, che vive di pause e di silenzi, riflesso dell’universo interiore dell’artista che si traduce in valori puramente visivi in cui gli oggetti acquistano consistenza plastica grazie alla sapiente modulazione della luce.

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