“Ritratto della madre”, anni ’30, stampa ai sali d’argento, 177×120 mm
Le fotografie che Cavalli ha scattato ad amici, allievi e colleghi sono numerose al punto da essere state classificate in una sezione apposita del suo archivio fotografico. Sono immagini attraverso le quali è possibile ricostruire una parte della storia di quel fermento artistico e culturale che porterà alla nascita del tonalismo romano. I primi piani di Elsa Morante, le fotografie in studio con Capogrossi, testimonianza visiva fortissima della loro complicità non solo personale ma anche creativa, i ritratti di Luigi e Fausto Pirandello, si affiancano alle immagini di contadini anticolani, essenziali, ma umanissime, quasi anticipatrici di un neorealismo che non punta al sensazionalismo o alla retorica ma che guarda con umanità alla realtà rurale e ne individua una componente lirica. Le fotografie che hanno come protagonisti pittori e intellettuali legati a Cavalli da vincoli di amicizia, da Capogrossi a Vinicio Paladini, da Pirandello a Rolando Monti, non sono quasi mai ritratti formali o immagini in studio. I suoi ritratti fotografici dimostrano sempre la sua abilità nel cogliere la personalità dei suoi soggetti, che si tratti di figure familiari, riprese per tutta la vita, o di sconosciuti di cui tratteggia con grazia e ironia un bozzetto visivo. Soffuse di una delicata intimità sono le fotografie che l’artista realizza nell’ambito della sua più ristretta cerchia familiare. La madre viene fotografata da Emanuele mentre cuce in un’immagine, Ritratto (la madre), anni ’30, che presenta un grado di definizione tale da ricordare il nitore delle scene di interni olandesi: la luce che proviene dalla finestra illumina e definisce gli oggetti, la sedia, venata dai raggi luminosi, e il cestino del cucito potrebbero da soli costituire un compiutissimo brano di natura morta. Alla stessa sensibilità appartiene il ritratto della sorella Letizia, Ritratto (la sorella Letizia), 1938, colta dallo sguardo affettuoso del fotografo mentre cuce, racchiusa in un’ideale inquadratura segnata dalle tende sottili, quasi trasparenti, che creano un’atmosfera di leggerezza impalpabile acuita dallo stato di intimo raccoglimento con cui la donna si dedica al cucito e dalla chiarezza dei bianchi panni che regge in grembo, vero fulcro, luminoso e formale, dell’intera composizione. In entrambi i casi Cavalli costruisce con perizia l’immagine, studia l’inquadratura, modula con attenzione la luce e la gamma cromatica, compone le fotografie con uno sguardo rivolto ai modelli pittorici. In entrambe le fotografie, inoltre, la solennità delle figure, protagoniste assolute della composizione, si armonizza con lo sguardo tenero che il fotografo rivolge loro, in un’interpretazione personalissima e lirica del ritratto di famiglia. Proprio perché non sono allestite o in posa, le fotografie con cui Cavalli ritrae i componenti della sua famiglia si sottraggono tanto alla rigidità formale del ritratto in studio quanto alla resa amatoriale, che caratterizza le immagini scattate per un uso puramente domestico. Sono immagini compiute, che restituiscono il profilo di un fotografo colto, cosciente e consapevole dei propri mezzi espressivi, già a partire dalle prime prove realizzate negli anni ’30. La finezza dello sguardo fotografico di Cavalli consiste proprio nella sua capacità raggiungere risultati di analoga profondità estetica in tutti i generi da lui frequentanti, nelle perturbanti nature morte, ma anche nelle malinconiche immagini cittadine e negli intensi e pittorici ritratti di famiglia.
“Ritratto (la sorella Letizia)”, 1938, stampa ai sali d’argento, 180×240 mm